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Operazione repressiva contro gli avvocati dei presoak #JeSuisBasque !
Ieri mattina, 12 gennaio, un’ operazione della guardia civil ha portato all’arresto di 16 persone in tutta Euskal herria.
12 di questi sono avvocati del collettivo dei prigionieri politici. L’operazione denominata “Mate” é direttamente collegata a quella compiuta già più di un anno fa quando 18 persone furono arrestate nell’operazione contro Herrira. La retata di oggi va a colpire direttamente anche il finanziamento del collettivo dei prigionieri e delle prigioniere, con il sequestro di denaro nelle varie sedi perquisite (Herriko Taberna, sindacato LAB) tra Bilbao, Hernani e Durango. Fonti della polizia parlano di 90.000 euro prelevati e sequestrati durante le perquisizioni. Sono i soldi che sabato, durante la manifestazione imponente di Bilbao, erano stati raccolti per sostenere le spese delle centinaia di prigionieri politici che si trovano nelle carceri spagnole e francesi.
Tre degli avvocati soni stati arrestati direttamente a Madrid dove era previsto uno dei tanti maxi processi contro i militanti della sinistra indipendentista.
Tra gli avvocati arrestati anche kepa, che molti di noi hanno conosciuto negli anni passati in quanto legale di Lander e Aingeru.
Da subito sono stati organizzati presidi e manifestazioni solidali in tutta Euskal Herria.
In serata sono finite le perquisizioni nella sede del sindacato autonomo LAB mentre anche durante il presidio solidale una manifestante é stata fermata.
Mobilitazioni in tutta Euskal Herria hanno chiesto a gran voce la liberazione degli arrestati e delle arrestate,e la fine dei giudizi politici.
Da Euskal Herria chiamano alla mobilitazione generale tutti i solidali e i comitati di solidarietà alla causa basca:
Dimostriamo ancora una volta che: EUSKAL HERRIA NON CAMMINA SOLA!
#JeSuisBasque
http://www.notav.info/post/comunicato-di-solidarieta-con-gli-avvocati-baschi-dagli-avvocati-dei-notav/
http://www.naiz.eus/eu/actualidad/noticia/20150112/jesuisbasque-cataliza-en-la-red-la-indignacion-por-la-operacion-contra-los-abogados
http://www.naiz.eus/eu/actualidad/noticia/20150112/operacion-de-la-guardia-civil-contra-varios-abogados-vascos http://askapena.org/eu/content/otra-vez-el-fascismo-espa%C3%B1ol-agrede-con-detenciones-al-pueblo-vasco
http://www.radiondadurto.org/2015/01/12/paesi-baschi-retata-della-guardia-civil-in-carcere-16-persone-accusate-di-terrorismo/?fdx_switcher=true http://contropiano.org/internazionale/item/28526-democrazia-occidentale-retata-di-avvocati-baschi-sedici-arresti-per-terrorismo
http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/13658-paesi-baschi-retata-contro-gli-avvocati-della-sinistra-indipendentista
Gora euskal gazteria! Libertà per 40 giovani basch*, ora liberiamo tutte e tutti gli altri!
40 giovani processat* nella Audiencia Nacional…
LA SENTENZA ASSOLVE TUTTI/E!
#grebalariakASKE! condanna a 2 anni e 6 mesi per due giovani
Due notizie, due sentenze, giornata dal sapore agrodolce quella di ieri nel Paese basco. Sono arrivate infatti due importanti sentenze. La prima sul maxi-processo contro 40 giovani militanti con piena assoluzione da parte dell’Audiencia Nacional. La seconda condanna due giovani di Bilbao a scontare una pena di 2 anni e 6 mesi.
Dopo 5 anni si chiude con una totale assoluzione “l’odissea” di 40 giovani baschi/e. Il processo farsa si è finalmente concluso con la piena assoluzione di tutte e tutti. Un maxiprocesso farsa che si è svolto da ottobre a febbraio, preceduto da diversi anni di persecuzione poliziesca e giudiziaria ai danni delle compagne e dei compagni che hanno dovuto affrontare carcerazione preventiva, regime di incomunicazione, torture e maltrattamenti, seguito da mezzo anno di attesa della sentenza. Uno schifo repressivo fatto prima, durante e dopo il processo dalle autorità spagnole che certamente non viene cancellato dalla sentenza e dalla gioia per la libertà delle compagne e dei compagni.
Una storia che inizia nel novembre del 2009 con una maxi-retata contro 42 militanti indipendentist*, 34 dei quali arrestat* la notte del 24 novembre del 2009. La maggior parte degli arrestati denunciano torture nei giorni di incomunicación. Nei mesi succesivi vengono arrestati in diversi stati europei altri 8 giovani riusciti a fuggire il giorno dell’operazione. Tre di questi, Zuriñe, Artzai e Fermin, vengono arrestat* a Roma mentre denunciavano la criminalizzazione del movimento giovanile basco.
[Video]
Dopo alcuni mesi di carcere in Italia e senza alcuna prova giudiziaria lo stato italiano come nel caso di Lander Fernandez concede l’estradizione allo stato spagnolo.
Come Caso basco a Roma abbiamo seguito con particolare attenzione questo processo. Sia perché ha rappresentato un caso particolarmente evidente della strategia di criminalizzazione della dissidenza politica e sociale che vivono sulla loro pelle le compagne e i compagni di Euskal Herria. Sia perché abbiamo appunto potuto conoscere da vicino quest* compagn* nelle nostre città, condividendone le storie, il legame solidale e la rabbia dell’arresto e dell’estradizione.
Tutti gli imputati hanno scontato da uno a due anni di carcere preventivo. Hanno subito in questi mesi un processo lungo e faticoso, fatto di continui viaggi tra Paese basco e il Tribunale speciale di Madrid.
I giudici del “tribunale speciale”, dopo quasi 4 mesi di attesa dalla fine del dibattimento, hanno finalmente reso pubblica una sentenza importante. Infatti, viene riconosciuto che i compagni e le compagne accusate hanno solo svolto attività politica e non terrorismo. Inoltre, vengono rifiutate le dichiarazioni dei 40 accusati raccolte dalla polizia durante i fermi in regime di incomunicación, vale a dire il periodo, che dura diversi giorni, in cui i fermati per accuse di terrorismo non possono contattare avvocati, medici e famigliari, rimanendo così senza difese nelle mani della polizia. Questa volta i giudici dell’Audiencia Nacional, pur non entrando nel merito delle torture denunciate dalle nostre compagne e compagni, ci hanno sorpreso, dichiarando nulle le dichiarazioni raccolte durante l’incomunicación, solo per il dubbio che possano essere state estorte sotto tortura, e, inoltre, dichiarando esplicitamente che l’ incomunicación rappresenta una situazione in cui sono a rischio i diritti di chi è tratt* in arresto e che, pertanto, risulta essere una formula poco compatibile con una pratica giudiziaria attenta ad evitare i rischi di tortura e maltrattamenti.
[ qui il link allo stralcio della sentenza, pdf in castigliano ]
Ciò che da anni denunciano i collettivi e le realtà che svolgono lavoro di solidarietà e informazione sulla prigionia politica e la repressione nel Paese basco, vale a dire che durante l’ incomunicación si tortura, e che le dichiarazioni estorte sotto tortura vengono usate come prova in processi farsa, è stato riconosciuto in maniera abbastanza chiara anche dalla stessa Audiencia Nacional, il famigerato tribunale che per decenni è stato complice, se non parte integrante e attiva, del sistema di criminalizzazione e brutale repressione della dissidenza politica e sociale basca ad opera di Madrid e Parigi. ‘Meglio tardi che mai’ non si può dire, perchè ci sono stati anni e anni di sofferenze, torture e rabbia.
La gioia per l’assoluzione dei 40, e l’importanza della sentenza per la delegittimazione dell’incomunicación, non ci devono comunque far tenere bassa la guardia e l’attenzione solidale. Nelle stesse ore in cui si stava per rendere pubblica la sentenza sul maxiprocesso Segi, altri compagni venivano invece nuovamente colpiti dalla repressione.
Nella notte tra lunedì e martedì Tomás “Tomi” Madina è stato svegliato nella sua casa di Galdakano, vicino Bilbao, da una quindicina di sbirri incappucciati e armati fino ai denti, che lo hanno arrestato e posto in regime di incomunicación con la solita accusa di terrorismo e appartenenza ad Eta (a quasi tre anni dalla fine definitiva delle attività armata). Oggi Tomi ha denunciato davanti al giudice di essere stato torturato.
La giornata di ieri è stata inoltre macchiata dalla notizia della condanna a 2 anni e 6 mesi per Urtzi e Jon, due giovani ragazzi di Bilbao, arrestati nel giugno del 2012 per la presunta partecipazione ad alcuni incidenti durante lo sciopero generale del 29 marzo dello stesso anno. Dal momento dell’arresto è partito un grande montaggio giudiziario atto a condannare i 2 ragazzi, molto attivi a Deusto, il loro quartiere. Un montaggio che ha portato l’accusa a chiedere fino a 14 anni di carcere. Nel settembre del 2013 arriva la condanna a 1 anno e tre mesi, che rispetto alle richieste iniziali fa intravedere l’assoluta inconsistenza delle accuse mosse contro di loro, ma ieri, dopo il ricorso della procura, è arrivata la notizia che la condanna sale a 2 anni e 6 mesi, e costringerà i due giovani baschi a scontare la totalità della pena.
L’atteggiamento schizofrenico dell’apparato repressivo spagnolo, che, da un lato, dopo anni di persecuzione assolve 40 giovani militanti della sinistra indipendentista, dopo avergli fatto soffrire carcere, esilio e tortura, mentre, dall’altro continua a condannare militanti di organizzazioni politiche e sociali e ad arrestare in regime di incomunicazione e di legislazione antiterrorista come se nulla fosse accaduto nell’ottobre 2011, rendono ancora necessaria la mobilitazione e la solidarietà internazionalista. Oggi festeggiamo il ritorno alla libertà dei 40, ma la lotta del movimento basco, e la nostra azione solidale, non si fermeranno finché non saranno liberati tutti i prigionieri e le prigioniere politiche basche, e finché non si porrà fine all’assurda legislazione antiterrorista.
Perché non possiamo essere liber* se non lo sono anche tutte e tutti loro.
Con Tomi, Urtzi e Jon, finchè non saranno liberi!
euskal gazteria aurrera!! tutti liberi, tutte libere!
Arkaitz, gogoan zaitugu! Non dimentichiamo,non perdoniamo!
Arkaitz Bellon era un compagno di 36 anni di Elorrio, Biscaglia.
E’ stato trovato morto in cella, nel carcere di puerto de santa maria, Cadiz, dove da poco era stato trasferito dal carcere di Siviglia.
Alcuni compagni detenuti con lui lo hanno visto ieri mattina e durante il pranzo in buona salute, poi si era ritirato in cella per la siesta.
Arkaitz aveva più volte denunciato aggressioni da parte della polizia, e per questo era stato obbligato a lunghi periodi di isolamento.
Pochi mesi fa aveva denunciato un pestaggio brutale, avvenuto in cella, nel carcere di Siviglia, dove aveva partecipato a un lungo sciopero della fame, per il riconoscimento dei diritti dei prigionieri.
Arkaitz doveva uscire a maggio di quest’anno, dopo aver scontato una condanna a 13 anni per Kale Borroka a Donostia.
13 anni di carcere duro, lontano da casa, a più di mille km dal Paese Basco, come sempre accade per l’infame strategia di ‘dispersione’ praticata dalla spagna sui prigionieri e le prigioniere basche.
“Nella visita che aveva ricevuto questo fine settimana Arkaitz parlava delle celebrazioni per l’imminente liberazione con entusiasmo, allegria e forza”..
Sentiamo il dolore immenso della tua famiglia e dei tuoi compagni, ci uniamo alla rabbia delle migliaia di persone che in queste ore stanno occupando strade e piazze, con la determinazione che da sempre contraddistingue la storia di Euskal Herria.
Non dimentichiamo e non perdoniamo, anche nel tuo nome, Arkaitz, verso la vittoria e la liberazione di tutto il popolo basco!
Herriak ez du barkatuko!
Adi mobilizazioetara!
Il popolo non perdonerà!
Pronti alle mobilitazioni!
17 GENNAIO BEN TORNATI LANDER E AINGERU!
ONGI ETORRI – BENTORNATI LANDER E AINGERU!
Venerdì 17 gennaio ore 18 L.go delle Sette Chiese – Roma
ongi etorri ez da delitua!
Il 17 gennaio daremo il bentornato a Roma, a Lander e Aingeru.
I compagni e le compagne che hanno animato e sostenuto la campagna di “Un caso basco a Roma” li riabbracceranno nelle strade di Garbatella, insieme ad una larga delegazione in arrivo da Euskal Herria, per festeggiare il loro ritorno alla libertà.
Come abbiamo avuto modo di imparare attraversando le strade del Paese basco, però, la festa, martxa, si accompagna alla borroka, la lotta contro chi reprime e opprime. Per questo il 17 gennaio sarà una festa, ma anche e soprattutto un atto politico.Una giornata per parlare dell’infame repressione di Spagna e Francia contro la lotta del popolo basco.
Lander, arrestato all’alba del 13 giugno 2012 con un’operazione militare, è stato tradotto in carcere e poi costretto per dieci mesi ai domiciliari prima di essere estradato su un volo speciale il 27 aprile 2013. Tutto questo si è consumato in nome dei ‘buoni rapporti’ tra paesi, senza considerare la persecuzione politica e la tortura, pratiche comuni utilizzate dalla spagna nei confronti di militanti baschi. Una repressione feroce che ha privato per anni Lander e Aingeru della propria libertà, trattandoli come pericolosi terroristi, per poi rilasciarli come se nulla fosse accaduto.
Grideremo il nostro sdegno contro l’asservimento dell’ autorità italiana, che, incurante della campagna portata avanti per fermare l’estradizione, sorda di fronte alle motivazioni di un processo politico che si stava consumando e indifferente alle difese legali, sostenute anche da giuristi e parlamentari, ha estradato Lander consegnandolo a Madrid.
La liberazione di Lander e Aingeru conferma quanto sostenuto durante la campagna, il ministro della ‘giustizia’ italiano, i giudici e la polizia sono stati complici di questa ennesima vergogna ‘made in italy’.
Organizzando un ongi etorri a Roma vogliamo anche esprimere la nostra solidarietà a compagne, compagni e familiari delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi, a cui la repressione spagnola vuole vietare anche il diritto a riabbracciare e festeggiare il rientro a casa dei loro cari appena liberati, dopo mesi o anni di reclusione, lontananza e dispersione. In Euskal Herria è vietato riunirsi in strada aspettando l’arrivo dei compagni e le compagne che escono dal carcere. Proprio con l’accusa di organizzare ongi etorri sono state da poco arrestate e poi rilasciate, in attesa di giudizio, 18 persone appartenenti ad Herrira, organizzazione di sostegno ai presoak e alle loro famiglie.
Ongi etorri ez da delitua! Festeggiare il ritorno alla libertà di prigioniere e prigionieri non è reato!
La nostra battaglia per la liberazione di Lander e Aingeru è solo un piccolo tassello della più ampia battaglia per i diritti delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi, dei loro compagni e familiari. Una battaglia che vedrà nuovamente una marea umana riempire le strade di Bilbao il prossimo 11 gennaio per reclamare con forza la fine dell’immobilismo di Madrid e Parigi nella risoluzione del conflitto e delle sue conseguenze. Un immobilismo che nel caso del governo spagnolo, con la complicità di quello francese, si abbina al mantenimento della repressione della dissidenza basca, con decine di militanti di organizzazioni politiche e sociali che in queste settimane rischiano pesanti condanne in processi farsa solo per attività politiche e sindacali. Una linea autoritaria del governo di Madrid che appare ogni giorno sempre più evidente, e che sta estendendo la filosofia della legislazione di emergenza e della repressione dura e brutale al complesso delle lotte politiche e sociali in tutto lo stato, dopo decenni di sperimentazione portata avanti nel Paese basco.
Un caso basco a Roma aggiunge le sue gocce di solidarietà per far montare l’onda di libertà contro la repressione.
TANTAZ TANTA…goccia dopo goccia si forma un mare!
Uncasobascoaroma
OCCUPATA SEDE ITALIANA DELLA EFE (AGENZIA STAMPA SPAGNOLA)
COMUNICATO STAMPA
Oggetto: COMITATO “UN CASO BASCO A ROMA” OCCUPA SEDE ITALIANA DELLA EFE (AGENZIA STAMPA SPAGNOLA). “11 NOVEMBRE: PROCESSO PER LANDER, CI SAREMO ANCHE DALL’ITALIA SOTTO L’AUDINECIA NACIONAL DI MADRID”.
Questa mattina un nutrito gruppo di militanti del Comitato “Un caso basco a Roma” ha occupato la sede dell’agenzia stampa spagnola EFE, in Piazza Navona 106. Un’azione che ha puntato l’indice contro la principale agenzia stampa al soldo del governo di Madrid, sempre pronta a criminalizzare la lotta per l’autonomia dei militanti baschi e soprattutto schiacciata in maniera acritica sulla ragion di Stato del governo spagnolo, nonostante le torture e le leggi speciali che – come ha recentemente ricordato la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo – sono in aperta contraddizione con la “condotta democratica” che si dice di applicare in Euskal Herrira.
L’azione di stamattina rappresenta un modo per rompere il silenzio e l’ipocrisia intorno al noto caso di Lander Fernandez Arrinda, che il prossimo 11 novembre si troverà davanti i giudici dell’Audiencia Nacional di Madrid (insieme al coimputato Aingeru, al quale fu estorta sotto tortura la dichiarazione con cui fu poi costruita l’accusa a Lander), chiamati ad emettere la sentenza finale su una montatura politica che rischia ancora di privare Lander della sua libertà.
Già da tempo, infatti, Lander si trova in arresto con l’accusa, infondata, di essere un etarra e soprattutto di aver danneggiato un autobus a seguito di un corteo di oltre 10 anni fa. Prima arrestato in Italia, nel giugno 2012, è poi costretto ai domiciliari per 10 mesi; poi, lo scorso 27 aprile, estradato e detenuto nel carcere di Estremera, appena fuori Madrid.
Il contributo dei suoi compagni e delle sue compagne, oltre al sostegno di chi da più di un anno si è prodigato per fare chiarezza sul suo caso, hanno dato vita all’azione odierna: che si torni a parlare del Paese Basco e di Lander, che si distenda nuovamente la fitta rete di solidarietà che ha dato vita alla campagna per la sua liberazione.
Oggi più che mai, parlare dei Paesi Baschi vuol dire parlare di noi.
Per info:
http://uncasobascoaroma.noblogs.org/
https://www.facebook.com/uncasobasco.aroma
Twitter: @landerlibero
email uncasobasco@autistici.org
RASSEGNA STAMPA
La notizia è uscita in rete su diversi siti,
-italiani:
http://www.dinamopress.it/news/lander-libero-occupata-sede-dellagenzia-di-stampa-spagnola-efe
http://webpedia.altervista.org/post/701892/
-baschi:
http://www.askapena.org/it/content/ocupan-la-sede-de-la-agencia-efe-en-roma-en-solidaridad-con-lander-fern%C3%A1ndez
http://www.naiz.info/eu/actualidad/noticia/20131107/solidarios-italianos-ocupan-la-sede-de-efe-en-roma-en-apoyo-a-lander-fernandez
http://www.berria.info/albisteak/85552/fernandez_arrindaren_aldeko_elkartasun_taldea_efe_ren_erromako_egoitzan_sartu_da.htm
-spagnoli:
http://www.elmundo.es/espana/2013/11/07/527b8d7163fd3dbd2b8b4583.html
http://www.abc.es/espana/20131107/abci-radicales-italianos-201311071425.html
Il lancio dell’ Agenzia Nazionale Stampa Associata (ANSA)
SPAGNA: MILITANTE BASCO ESTRADATO, BLITZ IN SEDE EFE A ROMA
(ANSA) – ROMA, 7 NOV – Un gruppo di militanti del sedicente Comitato ‘Un caso basco a Romà ha compiuto un blitz stamani nella sede dell’agenzia di stampa spagnola Efe in piazza Navona per protesta contro il processo in Spagna a un presunto membro dell’Eta estradato dall’Italia. Pretendevano la pubblicazione di una notizia sul caso, rifiutata dai giornalisti, secondo quanto riferito. Ci sono stati momenti di tensione prima che i militanti si allontanassero. I giornalisti denunciano di essere stati aggrediti. (ANSA).
(ANSA) – ROMA, 7 NOV – Sul posto è intervenuta una pattuglia della polizia, chiamata dalla Efe e arrivata quando i militanti si erano già allontanati. Gli agenti stanno raccogliendo le testimonianze del personale dell’agenzia. «L’azione di stamattina rappresenta un modo per rompere il silenzio e l’ipocrisia intorno al noto caso di Lander Fernandez Arrinda – si legge in un comunicato del sedicente Comitato ‘Un caso basco a Romà -, che il prossimo 11 novembre si troverà davanti i giudici dell’Audiencia Nacional di Madrid (insieme al coimputato Aingeru, al quale fu estorta sotto tortura la dichiarazione con cui fu poi costruita l’accusa a Lander), chiamati ad emettere la sentenza finale su una montatura politica che rischia ancora di privare Lander della sua libertà». «Già da tempo, infatti, Lander si trova in arresto con l’accusa, infondata, di essere un etarra e soprattutto di aver danneggiato un autobus a seguito di un corteo di oltre 10 anni fa – prosegue la nota -. Prima arrestato in Italia, nel giugno 2012, è poi costretto ai domiciliari per 10 mesi; poi, lo scorso 27 aprile, estradato e detenuto nel carcere di Estremera, appena fuori Madrid». (ANSA).
11 novembre -NAPOLI- Iniziativa per Lander e Aingeru!
:::ORE 16:30 – palazzo CORIGLIANO:::
AULA OCCUPATA VITTORIO ARRIGONI
PROIEZIONE di due interviste del DOCUMENTARIO
“Barrura begiratzeko leihoak / Finestre all’interno”.
(di Josu Martinez, Txaber Larreategi, Mireia Gabilondo, Enara Goikoetxea, Eneko Olasagasti, 2012)
frutto del lavoro di 5 diversi registi che hanno raccontato, con testimonianze, parole ed immagini, 5 storie diverse di prigionier* politic* basch*.
:::A SEGUIRE APERITIVO:::
Lunedì 11, a Madrid, avrà luogo l’ennesimo sopruso ai danni di Lander Fernandez e Aingeru Cardano che saranno processati dai giudici dell’Audiencia Nacional, a conclusione di una lunga vicenda fatta di ingiustizia e torture.
Per loro, da molto tempo, è in corso una campagna di solidarietà che coinvolge persone di tutto il mondo e anche noi da Napoli, ancora una volta, ci teniamo a dare spazio e voce a questa vicenda, paradigma di un’Europa tutt’altro che “democratica” e “pacifista”, un’Europa che reprime con qualunque mezzo il dissenso e il diritto all’autodeterminazione di un popolo intero.
Ma di cosa si tratta?
Il 13 giugno 2012 Lander è stato arrestato a Roma e portato nel carcere di Regina Coeli, dove viene obbligato a giorni di completo isolamento giudiziario, al digiuno, al divieto di poter usufruire dell’ora d’aria. Un vero e proprio sequestro di persona da parte dello Stato Italiano sotto le pressioni dello Stato spagnolo che poi si convertirà in mesi di domiciliari fino alla sua estradizione.
L’accusa su cui si basa il processo dell’11 è quella di “terrorismo” (per il presunto danneggiamento di autobus durante un corteo nel 2002) e si basa su una finta testimonianza estorta sotto tortura (come testimoniato da Theo Van Boven, Relatore speciale dell’Onu in un rapporto sullo Stato spagnolo). Sappiamo bene, inoltre, quanto lo Stato spagnolo utilizzi quest’accusa da sempre per etichettare chiunque si impegni in tutte quelle lotte che anche qui in Italia ci coinvolgono in prima persona. Lotte ambientali, studentesche, sindacali, lotte contro l’ingiustizia di questo mondo. Accuse che, ancora oggi, a distanza di anni dalla deposizione delle armi da parte di ETA-a cui vengono arbitrariamente associate tutte le persone impegnate nelle lotte di cui sopra e non solo- tengono rinchiusi nelle galere spagnole e francesi tantissime persone, costrette a feroci regimi carcerari, fatti di violenze sessuali, torture, pressione psicologica, intenzionale “dispersione carceraria” che allontana quanto più possibile i detenuti dalle proprie famiglie.
La lotta del popolo basco è la nostra stessa lotta e fino a quando Lander, Aingeru e tutti i prigionieri politici non saranno liberi, anche noi ci sentiremo in catene.
E’ per questo che l’11 novembre a palazzo Corigliano, proietteremo parti del documentario “Finestre all’interno” fatto di interviste a prigionieri e ai loro familiari, per diffondere quanto più possibile le loro storie, fatte sì di soprusi subiti, ma anche della loro umanità e forza per continuare a lottare!
Lander e Aingeru liberi!
Libertà per tutti i prigionieri e le prigioniere politiche!
AMNISTIA E LIBERTA’ IN EUSKAL HERRIA _HAMAIKA HERRI BORROKA BAKARRA -TANTI POPOLI UN’ UNICA LOTTA_
La solidarietà fa andata e ritorno
Parlare di Paesi Baschi vuol dire parlare di noi. Questo è vero da
sempre e appare ancora di più con il passare degli eventi e delle fasi
politiche. Il paese negato si trova al centro di quella Europa dove la
dittatura della finanza impone controllo e crisi senza risparmiare
nessuno. In particolare i baschi devono subire le politiche di attacco
ai diritti sociali e nazionali da parte di due governi, spagnolo e
francese. Anomalia che si aggiunge al fatto che questi stati e le loro
forze di polizia occupano e militarizzano gran parte del territorio in
questione. La richiesta di autodeterminazione è un’urgenza
democratica, che non solo affonda le proprie radici in una diversità
culturale e politica storica, ma che oggi appare anche come l’unica
possibile uscita dalla crisi, attraverso la costruzione di un modello
sociale e politico altro, di ispirazione socialista che nel contesto
basco ha da tempo creato le condizioni strutturali e di massa per
concretizzarsi.
L’attualità del Paese basco è data anche dal fervente dibattito che
lì si sta sviluppando circa la fase politica in corso. Abbandonata la
lotta armata, il movimento indipendentista basco sta ridefinendo
l’assetto interno di una composizione complessa ed unica nel quadro
della sinistra europea. Fanno parte del movimento in modo organico
l’organizzazione giovanile Ernai, il sindacato di classe LAB e un
partito politico come SORTU. A questi si devono aggiungere le
associazioni di massa, le occupazioni,i collettivi contro lo
sfruttamente del territorio, i movimenti sociali, collettivi e
associazioni culturali per la difesa della lingua e della cultura
basca, le organizzazioni che si occupano di internazionalismo e dei
pres@s politici, e i pres@s stessi, organizzati in collettivo
politico,l’ EPPK, che vuole partecipare attivamente alla vita politica
e sociale di Euskal Herria.
La solidarietà con i Paesi Baschi si alimenta e si rinnova nella
connessione delle lotte di oggi. Una discussione sulla repressione o la
militarizzazione dei territori, ovunque si faccia, deve tenere in
considerazione anche quello che accade quotidianamente nei Paesi
Baschi. I comitati contro il TAV che si sono determinati in Val di Susa
e in Euskal Herria si conoscono, si parlano, si scambiano conoscenza,
strumenti ed esperienze di lotta, perché più intensi e simili tra loro
di quelli sviluppati altrove contro l’alta velocità. Il dibattito che
sta nascendo sulla tortura e sull’amnistia nel contesto italiano, può
attingere dalla triste esperienza fatta dai movimenti baschi in questi
lunghi decenni.
Insomma parlare di Paesi Baschi vuol dire parlare di noi.
Ad ottobre si è scatenata la macchina repressiva dello Stato spagnolo,
senza che questo rappresenti una novità con il passato, nonostante il
nuovo scenario di superamento della lotta armata iniziato ormai da ben
due anni. Sono stati arrestati 18 compagn@ di Herrira,
l’organizzazione basca che lotta per i diritti e la liberazione dei
pres@s politici, con l’accusa di sostegno alla lotta armata. In
particolare gli viene contestato l’organizzazione di ONGI ETORRI, atti
politici di benvenuto che si celebrano in occasione della scarcerazione
deidelle prigionier@. Sono stati rilasciati una settimana dopo in
libertà condizionale in attesa del processo. La notte di domenica 13
ottobre dopo un intervento violento e diverse cariche è stato rotto il
muro del popolo (HERRI HARRESIA) a Iruna. La città si era stretta,
infatti, intorno a Luis Goñi, giovane condannato a sei anni di
detenzione per appartenenza all’organizzazione giovanile della
sinistra indipendentista, SEGI. Tutto ciò non ha purtroppo impedito
l’arresto, anzi ha dato il via alla settimana dei grandi processi
contro il movimento indipendentista basco: quasi 200 compagn@, giovani,
responsabili di partiti, di associazioni, di herriko taberna sono
coinvolt@ nell’operazione, basata sul solito copione accusatorio del
“tutto è ETA”. In questo caso l’accusa richiede più di 400 anni
di carcere complessivo.
La Spagna ha però subito da poco un duro colpo. La Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato definitivamente la
“dottrina Parot”, che prevede l’allungamento arbitrario delle
condanne, creando delle situazioni di ergastolo di fatto, pur essendo
questo formalmente vietato dall’ordinamento spagnolo. In seguito alla
sentenza di Strasburgo è stata scarcerata Ines del Rio, dopo 26 anni di
prigionia, e si delinea la possibilità di liberare in questo modo quasi
60 pres@s politic@ considerati “storici”. Non si è fatta attendere
la risposta di Madrid, dove hanno manifestato contro questa decisione la
destra estrema e parte del governo, per ribadire la loro contrarietà
alla liberazione deidelle prigionier@ ma soprattutto ad ogni progetto di
autodeterminazione e liberazione sociale; la loro soluzione continua ad
essere “giustizia per una fine con vincitori e vinti”. Il mese si è
chiuso con la decisioni deidelle prigionier@ politic@ baschi detenuti
nel carcere di Siviglia II di iniziare uno sciopero della fame per le
gravi condizioni di vita a cui sono costretti all’interno della
prigione.
Novembre, dunque, si prevede come un mese particolarmente
significativo e vogliamo attraversarlo in modo attivo e solidale.
· Il primo appuntamento sarà quello dell’11, in cui saremo a Madrid,
dove di fronte ai giudici dell’Audiencia Nacional saranno processati
Lander e Aingeru. Questo processo si basa su una finta testimonianza
estorta sotto tortura, come ha potuto documentare nel suo ultimo
rapporto sulla Spagna, anche il Relatore Speciale dell’ONU contro la
Tortura, Theo Van Boven. La Spagna è stata più volte condannata per
aver violato i diritti dell’uomo ma continua noncurante a torturare e
a proseguire con i processi politici contro la dissidenza sociale e
politica basca.
Saremo a Madrid e in diverse piazze in Italia per
denunciare le politiche repressive spagnole e francesi e chiedere la
liberazione dei nostri compagni, rilanciando una soluzione collettiva
per il ritorno a casa di tutte e tutti i priginier@ e gli esiliat@.
Entrambi sono già detenuti, Lander in particolare ha vissuto negli
ultimi due anni a Roma, in modo attivo e militante, contribuendo
all’inizio di un percorso che ha rimesso in agenda la questione basca
nella città. Ad aprile è stato estradato, con la complicità delle
autorità italiane, dopo 10 mesi di arresti domiciliari. Anche in questa
occasione non li lasceremo soli.
· A metà novembre saranno in Italia delle/i compagn@ di SEGI.
Hanno ottenuto un permesso speciale per questo viaggio, sono infatti parte del
maxi-processo 2611, un vero e proprio processo politico che coinvolge
circa quaranta giovani baschi senza accusa di reati specifici. Parte di
loro ha già scontato complessivamente 50 anni di detenzione preventiva,
ma rischiano altri 240 anni solo per aver fatto parte di un
organizzazione giovanile indipendentista che la Spagna ha dichiarato
illegale. In questi giorni stiamo organizzando delle iniziative
pubbliche per incontrali e confrontarci con loro su temi comuni come le
lotte sociali e la repressione. Con loro organizzeremo dibattiti e
incontri.
· Altra data sulla quale si concentreranno iniziative sarà quella del
18 novembre in cui ci sarà il processo contro quattro militanti del
movimento NO TAV basco. Due anni fa durante un incontro della comunità
di lavoro dei Pirenei a Tolosa tirarono una torta in faccia alla
presidentessa della Navarra, Yolanda Barcina, esponente della destra
reazionaria e tra i principali responsabili dell’imposizione del treno
ad alta velocità nei Paesi Baschi. Per questo rischiano condanne tra
i 5 e i 9 anni, e anche in questo caso faremo sentire la nostra voce e
la nostra solidarietà con le/gli accusate/i
Parlare dei Paesi Baschi vuol dire parlare di noi, ne siamo sempre
più convint@. Vi invitiamo a partecipare alle prossime iniziative
proposte, a contribuire e sostenere i nostri comitati a moltiplicare i
momenti di incontro e dibattito ovunque, a promuovere e aderire agli
appelli e convocazioni che ci saranno.
La solidarietà non si arresta e, come ci insegna il popolo basco,
solo goccia dopo goccia e con l’impegno di tutte e tutti, si forma un
mare.
TANTAZ TANTA, EUSKAL PRESO ETA IHESLARIENEN ESKUBIDEEN ALDE
Un Caso Basco a Roma \ Rete EHL Italia – Amici e Amiche del Popolo Basco
9 NOVEMBRE-TORINO- Presidio per Lander e Aingeru
LANDER eta AiNGERU ASKATU!
LANDER e AiNGERU LIBERI!
Lunedì prossimo, l’ 11 Novembre, a Madrid, i giudici del tribunale dell’Audiencia Nacional, sono chiamati ad esprimersi sulle sorti di due giovani baschi, Lander ed Aingeru.
Una storia, quella di Lander ed Aingeru, che è la storia di tante e tanti,giovani e meno giovani, baschi e militanti della sinistra indipendentista, fatta di persecuzione, arresti, torture, menzogne, anni di carcere e condanne.
Una storia, questa, che abbiamo conosciuto da vicino, in quanto Lander viveva in Italia da anni, a Roma, quando nel giugno 2012 è stato nuovamente arrestato e poi estradato. Al solito copione repressivo nei confronti del popolo basco da parte di Spagna e Francia c’è da aggiungere in questo caso la sottomissione e la complicità delle autorità italiane: è infatti la polizia italiana, in una pomposa quanto grottesca “operazione antiterrorismo”, che arresta Lander e lo trasferisce in totale isolamento nel carcere di Regina Coeli per oltre 24 ore (senza cibo ne ora d’aria e senza poter parlare con un avvocato). L’arresto si tramuterà in mesi di domiciliari e saranno la stessa Digos e la Polizia, nell’ aprile scorso, a preleverlo dalla sua abitazione per consegnarlo alla polizia spagnola.
Conoscevamo già, sin troppo bene, la cieca violenza repressiva che le autorità madrilene rivolgono al popolo basco per tentare di zittire, impaurire e disgregare un movimento che da decenni rivendica il diritto del proprio popolo ad autodeterminarsi, a vivere in una terra libera da speculazioni e devestazioni ambientali, un popolo costretto a subire la militarizzazione forzata da parte di Francia e Spagna, che lotta per costruire un Paese Basco libero, non solo dall’occupazione straniera, ma anche dalle logiche di profitto e sopraffazione.
Per questo non ci stupiamo delle accuse inconsistenti e false che dipingono Lander ed Aingeru come criminali, basate addirittura su alcune dichiarazioni estorte sotto tortura ad un loro conoscente nel periodo di isolamento che seguì al primo arresto, un’altra pratica aberrante più volte denunciata da numerosi organismi internazionali nonché dagli attivisti baschi.
Lander infatti era già stato perseguitato nella sua Euskal Herria, sequestrato e minacciato dalla polizia spagnola, così come aveva già subito processi dal quale era stato assolto.
L’ennesimo processo e l’ennesimo giudizio su cui si esprimerà questo tribunale, l’Audiencia Nacional -per altro istituita dal regime fascista di Franco e mai “riformato” o abolito- che in questi mesi vedrà alla sbarra quasi 200 fra giovani militanti delle organizzazione giovanili, giudicati per aver militato in collettivi poi illegalizzati, i “responsabili” delle Herriko Taberne, le “case del popolo” presenti in ogni quartiere e in ogni paese, o gli attivisti No Tav che si oppongono al super treno devastatore nel loro paese e nelle loro vallate.
Ancora una volta ribadiamo la nostra vicinanza ad Aingeru e Lander, così come ai suoi compagni a Roma e in Euskal Herria, denunciando lo stato di eccezione permanente e di criminalizzazione verso chi lotta nel Paese Basco e rivendicando la liberazione dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche.
La repressione non scalfisce la solidarietà, lunedì durante il processo tanti amici e compagni di Lander saranno a Madrid davanti al tribunale, così come noi saremo in piazza sabato, a ribadire che siamo e saremo sempre al fianco di chi lotta, in Italia come nel Paese Basco.
LIBERTA’ per i PRIGIONIERI POLITICI BASCHI, DIRITTO al RITORNO per gli ESILIATI!
CON il POPOLO BASCO in CAMMINO VERSO la LIBERTA’ e l’ AUTODETERMINAZIONE!
Comitato EHL Torino (Euskal Herriaren Lagunak-Amici ed Amiche del Paese Basco)
Cassa Antirepressione delle Alpi Occidentali
“DOTTRINA PAROT” – La Corte Europea condanna la spagna!
La corte europea conferma la condanna alla spagna
Bocciata la “dottrina parot”. Libertà subito per Ines e tutt@ gli\le altr@
Con 15 voti a favore e 2 contro, la corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha confermato la condanna alla spagna per l’applicazione della “dottrina parot”. Rigettato il ricorso preparato da madrid e ribadita la risoluzione adottata il 10 luglio del 2012 dalla stessa corte. Il presidente Dean Spielmann nella dichiarazione ufficiale dichiara che la “dottrina parot” viola gli articoli 7 e l’articolo 5.1 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, richiedendo la scarcerazione “al più presto” di Ines e costringe la spagna a pagare 30.000 euro per danni morali subiti e 1500 euro di spese legali.
Anche se era nell’aria è un duro colpo per madrid. Il governo spagnolo contrariato dichiara che a breve incontrerà le associazioni dei famigliari delle vittime per decidere le prossime mosse. Difficile prevedere fin dove si può spingere la voglia di persecuzione spagnola nei confronti del paese basco, ma almeno sulla “dottrina parot” con oggi si chiude un’ infamità che durava da troppo.
La “dottrina parot” è una sentenza (197/2006) che prevede la possibilità’ di cumulare diverse pene detentive nei confronti di un soggetto condannato. Il provvedimento e’ stato inserito nella riforma del codice penale spagnolo per “superare” la mancanza dell’ergastolo come condanna possibile nel loro ordinamento. L’estensione della condanna ha nei fatti “ri-condannato” 77 prigionier@ politic@ spesso in procinto di essere liberati o in generale che avevano superato i due\terzi della pena, a continuare la loro detenzione. I presos colpiti dalla “dottrina parot” sono militanti arrestati negli anni 80 e quindi prigionier@ con condanne molto alte e imprigionat@ da troppo. Insomma insostenibile per la spagna vederli di nuovo liberi e libere. Arrestati nel momento più caldo del conflitto armato e per cui raccontati e condanni come mostri. Da qui l’accanimento e la dottrina infame.
Ines Del Rio Prada militante basca arrestata nel 1987 doveva essere rilasciata nel 2008 ma la spagna l’ha condanna ad altri 10 anni per queste assurde misure retroattive. Da qui il primo il ricorso accettato dalla corte europea che ne richiedeva la scarcerazione. L’anno scorso quindi toccò alla spagna fare ricorso e oggi si è chiuso l’ultimo capitolo.
Sono 77 i\le detenut@ storic@ che hanno subito la “dottrina parot”, 8 hanno già completato pure l’estensione, 6 sono stati rilasciati per altri motivi, e 66 sono ancora incarcerati. Questi potrebbero impugnare questa sentenza e essere rilasciata nei prossimi mesi. La prima sarà comunque Ines. Herrira ha dichiarato inoltre che sono 136 le persone che hanno già scontato almeno due terzi o i tre quarti della pena e che senza l’incubo della “dottrina parot” anche loro vedono avvicinarsi il momento del ritorno. Ora bisogna capire le prossime mosse di madrid, certi che non possono permettersi lo smacco della felicità e faranno di tutto per rovinare gli ONGI ETORRI di quest@ compagn@.
http://www.youtube.com/watch?v=Br8grFye55s&feature=youtu.be
INES LIBERA!
TUTTI LIBERE!
14 ottobre – Iruña – Il muro della solidarietà non si rompe!
IL MURO DELLA SOLIDARIETA’ NON SI ROMPE
Dopo Donostia e Ondarroa ieri è toccato a Iruña unirsi contro l’arresto di un giovane basco.
Luis Goni è stato condannato alcuni mesi fa a sei anni di detenzione per aver fatto parte di SEGI, l’organizzazione giovanile della sinistra indipendentista basca illegalizzata nel 2009. Luis è stato latitante in questi mesi, protetto e difeso dalla solidarietà dei suoi compagn@. Ieri alle 14.30 si è presentato in piazza al centro di Iruña dove era in corso una manifestazione con migliaia di persone per denunciare l’ennesimo atto repressivo da parte della spagna. Luis dopo aver salutato tutt@ attraverso un megafono è stato circondato dall’abbraccio e dalla solidarietà di Iruña, creando un muro del popolo, l’herri harresia il terzo di questo anno nei paesi baschi. Solo a tarda notte un immenso spiegamento di forze di polizia è riuscito con le cariche a rompere il muro e arrestare Luis. Certo gli herri harresia fin ora non hanno mai impedito un arresto, ma sono la dimostrazione di solidarietà più grande e pubblica che un condannato può ricevere, e la denuncia più visibile di assenza di democrazia in EH per il resto del mondo.
Un altro arresto a pochi giorni dall’operazione herrira, in cui furono detenuti 18 rappresentanti dell’associazione che si occupa dei diritti e del ritorno a casa dei prigienier@ politic@ basch@.
Un altro arresto che apre la settimana dei maxi processi contro il movimento basco, quasi 200 compagn@, giovani, responsabili di partiti, di associazioni, di herriko taberna coinvolti nell’operazione ‘tutto è ETA’.
Il primo di questi processi comincia oggi e coinvolge i\le giovani di SEGI, che già hanno scontato 50 anni di carcere preventivo e rischiano complessivamente altri 240 anni di detenzione. Tra questi anche Fermín , Artzai e Zuriñe che furono arrestati il 10 giugno del 2010 ed estradati in pochi mesi in spagna dopo una detenzione in alcuni carceri italiani.
Intanto oggi il processo si è aperto con un’ora e mezza di ritardo perchè alcun@ attivist@ si sono presentat@ in aula con magliette e palloncini arancioni in solidarietà con Luis.
Ancora una volta questa storia ci riguarda da vicino; nuovi arresti e altri processi, la spagna sorda e cieca continua senza sosta la repressione contro il paese basco, ma il muro della solidarietà non si rompe nemmeno oggi.
Qui il video dell’ herri harresia a Iruña
http://www.youtube.com/watch?v=P6VSRM10Uso
Qui un video di 4 giovani imputat* che non si presenteranno davanti all’ audiencia nacional, perché è un tribunale illegittimo e il processo farsa sarà costruito su dichiarazioni estorte sotto tortura.
Invitano a partecipare alla mobilitazione del 26 ottobre a Bilbo.
http://www.naiz.info/eu/mediateca/video/epaiketari-desobedientzia-egingo-diote-auzipetuetako-lauk
5 OTTOBRE – TANTAZ TANTA HERRIRA AURRERA
Ieri, decine di migliaia di persone scese in strada a Bilbo, hanno gridato forte che Herrira è l’intera popolazione basca, tutte e tutti sono parte del conflitto che dura da oltre cinquant’anni e denunciano la repressione che costringe tutt’ora in carcere più di 700 persone e che attraversa ogni generazione della società basca.
I/le 18 arrestat* di Herrira, sono stat* scarcerat* e mess* in libertà condizionale fino al processo, per 4 di loro è stata fissata una cauzione di 20.000 euro.
Il giudice ha comunque confermato, per almeno 2 anni, la chiusura delle sedi , dei siti internet, dei profili facebook e twitter riconducibili ad Herrira.
Nonostante la repressione nei confronti di attivisti e organizzazioni basche continui incessantemente da parte dello stato spagnolo, la popolazione basca ancora una volta si stringe intorno ai prigionieri e alle prigioniere politiche e al movimento popolare di Herrira.
Euskal Presoak eta Hiesleriak Etxera!
Herrira Aurrera!
Per altre info:
Da Naiz sul corteo di ieri
Il comunicato congiunto degli Euskal Herriaren Lagunak (EHL)
http://www.askapena.org/it/content/comunicado-conjunto-de-euskal-herriaren-lagunak-0
Due video su Herrira e sugli arresti di questi giorni
http://www.youtube.com/watch?v=V5mpPc1zpIM&feature=youtu.be
http://www.youtube.com/watch?v=6ffx9OiSi68&feature=youtu.be&a
Solidarietà a Herrira colpita da arresti e repressione
30 settembre 2013
Questa mattina in Euskal Herria una grossa operazione repressiva ha portato all’arresto di 18 persone appartenenti a Herrira, l’organizzazione per la liberazione delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi.
Centinaia di agenti della Guardia civil spagnola hanno fatto irruzione negli uffici di Herrira ad Hernani, Bilbao, Iruñea, Gasteiz e in alcune abitazioni.
Le accuse mosse contro i compagni e le compagne sono per ‘incitamento al terrorismo’, ‘appartenenza a banda armata’ e finanziamento di ‘banda armata’. Più semplicemente fanno riferimento all’organizzazione degli ongi etorri, atti politici che festeggiano il ritorno a casa de* prigionier* che hanno finito di scontare la pena ed escono dal carcere.
Contestualmente l’audiencia Nacional ha ordinato la chiusura di tutte le sedi di Herrira, dei siti internet,FB e Twitter e dei suoi conti correnti bancari.
La spagna è solita procedere con operazioni del genere, troppo spesso ha messo fuori legge giornali, radio, partiti, associazioni e collettivi giovanili. Sono ancora in corso processi giudiziari con accuse simili a quelle di oggi per appartenenza a quelle strutture.
Mentre Eta cessa definitivamente l’attività armata, e la sinistra indipendentista ha aperto un processo democratico di trasformazione interna, per la spagna il tempo sembra non passare.
Herrira non è una piccola struttura militante, ma una delle organizzazioni più larghe e rappresentative dell’intero Paese Basco. Attraverso un discorso pubblico, da anni, porta avanti campagne per il rimpatrio delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi. Nei mesi passati anche il nostro comitato ha collaborato con Herrira, organizzando a Roma e a Teramo delle iniziative con uno dei loro portavoce, Josean Fernandez.
Josean è trai 18 arrestati di oggi; specialmente a lui, che abbiamo incontrato e conosciuto, va il nostro abbraccio solidale con l’auspicio di ritrovarlo presto libero, nelle strade e nelle lotte.
Fin da ora si stanno tenendo mobilitazioni in diverse città per manifestare ancora una volta l’infame politica spagnola volta a frammentare la lotta della popolazione basca, attraverso repressione, tortura, leggi speciali e complicità internazionali.
Ci uniamo alla rabbia dei compagni e delle compagne basche, complici e solidali con con gli arrestati e le arrestate, per la liberazione di tutt* i prigionieri e le prigionere politiche basche.
Lander Libero!
Josean Libero!
Tutti Libere!
Borroka da bide bakarra!
altri link
http://www.naiz.info/fr/actualidad/noticia/20130930/detienen-a-ekain-zubizarreta-en-andoain
http://www.contropiano.org/articoli/item/19382
UN INCONTRO LUNGO UN VIAGGIO – La repressione fa rima con dispersione
UN INCONTRO LUNGO UN VIAGGIO
La repressione fa rima con dispersione.
Ci siamo sempre detti che la battaglia contro l’estradizione di Lander era un modo per parlare del conflitto basco. Adesso che il nostro compagno è detenuto a Estremera vogliamo mantenere aperto questo spazio di discussione e approfondire i diversi aspetti di questa vicenda. Torneremo spesso sulla repressione nel paese basco e sulle condizioni eccezionali che subiscono i presos nelle carceri spagnoli e francesi. Con questo contributo vogliamo invece affrontare il tema della dispersione dal punto di vista dei famigliari e degli amic@ dei detenuti, le difficoltà, i rischi, i costi, la rabbia che si nascondo dietro ogni visita. Incontrare Lander ad Estremera ci sta dando la possibilità di conoscere molt@ “pendolari dei carceri”, viaggiare con loro, ascoltare le storie, condividerne i trattamenti particolari, i tanti controlli, i troppi km, gli scomodi riposi sui sedili e i veloci spuntini.
Per capire la portata del fenomeno è utile dare i numeri. Nel paese basco abitano 3 milioni di persone, più o meno come Roma, attualmente circa 700 di loro vivono una condizione di detenuti o esiliati. Considerando un numero altissimo di persone colpite dalla repressione nei periodi precedenti, possiamo affermare che ogni famiglia, comitiva, quartiere, piccolo centro, posto di lavoro nel paese basco abbia avuto a che fare con la questione carcere. I dati ci riconsegnano la gravità della situazione, una media cosi alta di prigionieri politici per abitanti ci fa venire in mente le stagioni dei grandi conflitti mondiali o i paesi che hanno conosciuto la sospensione di ogni diritto democratico sotto dittature. In ogni caso lontani da noi o perché datati in un altro secolo o in corso in paesi distanti. Numeri simili li conosciamo in Palestina, e solo questa affinità segna la serietà del tema. Il conflitto basco è in corso nel cuore dell’Europa e a condurlo sono la spagna e la francia, ritenuti paesi democratici e modelli sociali rispettabili. Proprio questi illustri coinvolgimenti fanno si che la questione basca venga sempre taciuta o dimenticata dalla comunità internazionale.
Entriamo nel merito della questione. Dal 1978 i diversi governi spagnoli e francesi hanno applicato una politica penitenziaria speciale e discriminatoria nei confronti dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche. Una politica penitenziaria che non si attiene strettamente a dei criteri di legalità, come invece dovrebbe essere in uno stato di diritto, ma piuttosto a criteri di azione politica, e in particolare alle esigenze della cosiddetta politica antiterrorista. In questo modo il trattamento riservato ai prigionieri e alle prigioniere politiche basche non rispetta quelle garanzie previste dalla legislazione penitenziaria per tutti i detenuti, e questo in funzione di alcuni obiettivi politici. Torture fisiche e psicologiche, isolamento, impossibilità ad accedere all’ora d’aria, sono alcuni esempi. Una politica penitenziaria speciale che, pertanto, viene usata come strumento di pressione politica e sociale non solo contro il collettivo dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche, ma anche nei confronti delle loro famiglie, dei loro amici e dei loro affetti.
Uno degli aspetti centrali di questa politica penitenziaria è la dispersione, che comincia dopo il fallimento dei colloqui di pace di Algeri del 1989 tra Eta e governo spagnolo. Per dispersione si intende lo spostamento dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche in centri penitenziari distanti diverse centinaia di chilometri dal paese basco. Gli stessi pres@s sono inoltre divisi e separati in diversi moduli dello stesso carcere. L’obiettivo principale della dispersione è la rottura dell’unità dei detenuti politici. Nei paesi baschi viene definita come la “tortura bianca”. Ogni pres@ è sol@ di fronte alla sua condanna, deve gestire individualmente le dure condizioni imposte, le aggressioni fisiche, la mancanza di diritti. Ogni militante prima dell’arresto fa del vivere, agire e pensare collettivo la sua esperienza politica, nel gruppo definisce e rinnova la sua cultura politica, un sistema di valori, i comportamenti, cioè la capacità di affrontare situazioni difficili. La dispersione mira proprio alla rottura di questo vincolo comunitario, alla distruzione della volontà umana e della sua identità politica. La dispersione prova senza successo ad indebolire la tenuta e la convinzione dei prigionieri e delle prigioniere basche, sapendo bene quanto questa questione sia il motore e il collante del movimento basco sia dal punto di vista politico che sociale.
I governi di Madrid e Parigi con la politica della dispersione stanno andando deliberatamente contro la legislazione in vigore nei propri paesi, in base alla quale i detenuti devono poter scontare la pena in carceri relativamente vicine al luogo di residenza. Una vera e propria pena aggiuntiva per le prigioniere e i prigionieri che lede i minimi diritti umani riconosciuti formalmente dalle legislazioni europea, spagnola e francese in materia di politica penitenziaria, come riconosciuto da diversi organismi e osservatori internazionali come Human Rights Watch (Rapporto sulle misure antiterroriste in Spagna, Volume 17, febbraio 2005), il relatore speciale dell’Onu contro la tortura Theo Van Boven (Visita in Spagna E / CN.4 / 2004 / 56 / Add.2, febbraio 2004) o del relatore speciale dell’ONU per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta contro il terrorismo, Martin Scheinin (Rapporto A/HRC/10/3/Add.2 del dicembre 2008).
Una politica di dispersione che ha come corollario una complessiva maggiore difficoltà dei famigliari e amici nell’entrare in contatto con i propri cari rinchiusi nelle carceri, anche attraverso le forme e modalità previste e garantite dalle leggi spagnole e francesi per tutti gli altri prigionieri. Ridiamo un po’ i numeri. Attualmente i/le pres@s sono detenuti in 83 carceri diversi, ognuno di questi è diviso a sua volta in tanti moduli. Nello stato spagnolo sono detenuti 597 pres@s in 49 carceri. Nello stato francese sono detenuti 151 in 34 carceri. Nel paese basco ci sono solo 15 pres@s divisi in tre carceri diversi.
Se le condizioni dei prigionieri e delle prigionieri è fuori da ogni diritto possibile proviamo adesso a capire cosa significa la dispersione per le famiglie e i conoscenti che intendono visitarli. In quanto basch@ anche “i pendolari del carcere” subiscono trattamenti speciali. Le visite concesse sono quasi sempre meno di quelle concesse nello stesso carcere a un altr@ detenut@. La richiesta di autorizzazioni è molto lunga e faticosa e passa per la Secreteria General de Istituciones Penitenciarias, che spesso non concede la visita non offrendo giustificazioni altre rispetto a “motivi di sicurezza”. Il tempo della visite settimanali è di quaranta minuti. Le visite sono fatte in ambienti chiusi e divisi da uno spesso vetro che impedisce il contatto. Sono previste delle visite più lunghe con i familiari in stanze che permettono il contatto fisico, chiamate vis a vis, ma anche in questo caso senza nessuna giustificazione possono essere cancellate a discrezione all’ultimo momento. La corrispondenza è un altro strumento di controllo. I/le pres@s sono limitati nel numero della corrispondenza che possono inviare e ricevere. Scrivendo molto in basco a volte le lettere non vengono fatte entrare o spedite per i soliti motivi di sicurezza, per la difficoltà di traduzione. I pacchi con libri, abbigliamento, musica, affetti personali subiscono un controllo straordinario e vengono consegnati in cella con ritardo rispetto alle norme previste. Molti sono i casi in cui il/la detenut@ viene trasferit@ poche ore prima della visita in un altro carcere senza informare né gli avvocati né i famigliari, costringendo questi ultimi a viaggi lunghissimi a vuoto. Infine va sottolineato l’atteggiamento ostile e provocatorio che tiene il personale penitenziario nei confronti dei famigliari in quanto basch@.
Per capire ancora meglio la dispersione riportiamo dei dati tratti dal rapporto mensile del mese di giugno di Etxerat sulla situazione attuale.
93 prigionieri e prigioniere sono reclusi in carceri tra i 1000 e i 1.100 chilometri da Euskal Herria
147 tra gli 800 e i 1.000 chilometri
113 tra i 600 e gli 800 chilometri
133 tra i 400 e i 600 chilometri
80 si trovano a meno di 400 chilometri da Euskal Herria
un prigioniero politico basco si trova in confino in un paese a 900 chilometri da Euskal Herria
6 in altri tre paesi lontani da Euskal Herria
Sui costi economici e sociali della dispersione (stime relative al 2010):
Chilometraggio medio dei viaggi realizzati da ogni famiglia per le visite
Settimanale: 1.223 km
Mensile: 5.300 km
Annuale: 63.599 km
Chilometraggio complessivo per le visite:
Settimanale: 914.854 km
Mensile: 3.964.367 km
Annuale: 47.572.408 km
Spesa media di ogni famiglia:
Settimanale: 377,94 €
Mensile: 1.637,75 €
Annuale: 19.653,00 €
Spese complessive a carico delle famiglie:
Settimanale: 282.700,98 €
Mensile: 1.225.037,58 €
Annuale: 14.700.450,96 €
I numeri ancora una volta ci riconsegnano il peso della questione. Tornando alla premessa iniziale che la cittadinanza basca è direttamente o indirettamente coinvolta nel problema detenzione e dispersione, ogni sabato o domenica si muove dal paese basco verso lo stato spagnolo e quello francese un elevatissimo numero di persone. Le distanze cosi lunghe aumentano i rischi della strada. Dal 1982 al 2007 sono morte 16 persone di ritorno da una visita dal carcere. In totale il numero degli incidenti registrato è 267. Aggiungiamo a questo che per una famiglia di un/a pres@ occorre uno stipendio sostanzioso al mese solo per provvedere alle visite. Il movimento basco ha saputo organizzarsi anche questa volta per non lasciare da soli né i/le pres@s né le famiglie. Gran parte di questo lavoro è coordinato da Exterat, l’associazione che riunisce i famigliari dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche, e da Herrira, l’organizzazione che si batte per il ritorno nei paesi baschi dei pres@s. Non si contano più invece le proposte di legge, interrogazioni parlamentari, denunce, ricorsi presentati da esponenti politici baschi al parlamento spagnolo, francese ed europeo. Tutte per il momento ignorate. La sensibilità rispetto al tema e la solidarietà nei confronti dei prigionieri e delle prigioniere è talmente diffusa che nel paese basco ognuno prova a dare una mano. Da anni sono attivi i Mirentxin gidariak, furgoncini guidati da volontari che ogni fine settimana raccolgono famigliari e amic@ dei/lle detenut@ in base alla destinazione del carcere. I parenti e gli/le amic@ così riuniti evitano di affrontare soli grandi distanze e alti costi, e in questi furgoncini vive l’unità del paese basco che nessuno può disperdere.
Per saperne di più
www.uncasobascoaroma.noblogs.org