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Solidarietà a Herrira colpita da arresti e repressione

  • Settembre 30, 2013 19:40

30 settembre 2013

Questa mattina in Euskal Herria una grossa operazione repressiva ha portato all’arresto di 18 persone appartenenti a Herriral’organizzazione per la liberazione delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi.

Centinaia di agenti della Guardia civil spagnola hanno fatto irruzione negli uffici di Herrira ad Hernani, Bilbao, Iruñea, Gasteiz e in alcune abitazioni.

herriraLe accuse mosse contro i compagni e le compagne sono per ‘incitamento al terrorismo’, ‘appartenenza a banda armata’ e finanziamento di ‘banda armata’. Più semplicemente fanno riferimento all’organizzazione degli ongi etorri, atti politici che festeggiano il ritorno a casa de* prigionier* che hanno finito di scontare la pena ed escono dal carcere.

Contestualmente l’audiencia Nacional ha ordinato la chiusura di tutte le sedi di Herrira, dei siti internet,FB e Twitter e dei suoi conti correnti bancari.

La spagna è solita procedere con operazioni del genere, troppo spesso ha messo fuori legge giornali, radio, partiti, associazioni e collettivi giovanili. Sono ancora in corso processi giudiziari con accuse simili a quelle di oggi per appartenenza a quelle strutture.
Mentre Eta cessa definitivamente l’attività armata, e la sinistra indipendentista ha aperto un processo democratico di trasformazione interna, per la spagna il tempo sembra non passare.

Herrira non è una piccola struttura militante, ma una delle organizzazioni più larghe e rappresentative dell’intero Paese Basco. Attraverso un discorso pubblico, da anni, porta avanti campagne per il rimpatrio delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi. Nei mesi passati anche il nostro comitato ha collaborato con Herrira, organizzando a Roma e a Teramo delle iniziative con uno dei loro portavoce, Josean Fernandez.
Josean è trai 18 arrestati di oggi; specialmente a lui, che abbiamo incontrato e conosciuto,  va il nostro abbraccio solidale con l’auspicio di ritrovarlo presto libero, nelle strade e nelle lotte.

Fin da ora si stanno tenendo mobilitazioni in diverse città per manifestare ancora una volta l’infame politica spagnola volta a frammentare la lotta della popolazione basca, attraverso repressione, tortura, leggi speciali e complicità internazionali.
Ci uniamo alla rabbia dei compagni e delle compagne basche, complici e solidali con con gli arrestati e le arrestate, per la liberazione di tutt* i prigionieri e le prigionere politiche basche.

Lander Libero!

Josean Libero!

Tutti Libere!

Borroka da bide bakarra!

altri link

http://herrira.org/

http://www.naiz.info/fr/actualidad/noticia/20130930/detienen-a-ekain-zubizarreta-en-andoain

http://www.contropiano.org/articoli/item/19382

 

UN INCONTRO LUNGO UN VIAGGIO – La repressione fa rima con dispersione

  • Settembre 15, 2013 12:40

UN INCONTRO LUNGO UN VIAGGIO

La repressione fa rima con dispersione.

 

Ci siamo sempre detti che la battaglia contro l’estradizione di Lander era un modo per parlare del conflitto basco. Adesso che il nostro compagno è detenuto a Estremera vogliamo mantenere aperto questo spazio di discussione e approfondire i diversi aspetti di questa vicenda. Torneremo spesso sulla repressione nel paese basco e sulle condizioni eccezionali che subiscono i presos nelle carceri spagnoli e francesi. Con questo contributo vogliamo invece affrontare il tema della dispersione dal punto di vista dei famigliari e degli amic@ dei detenuti, le difficoltà, i rischi, i costi, la rabbia che si nascondo dietro ogni visita. Incontrare Lander ad Estremera ci sta dando la possibilità di conoscere molt@ “pendolari dei carceri”, viaggiare con loro, ascoltare le storie, condividerne i trattamenti particolari, i tanti controlli, i troppi km, gli scomodi riposi sui sedili e i veloci spuntini.

???????????????????????????Per capire la portata del fenomeno è utile dare i numeri. Nel paese basco abitano 3 milioni di persone, più o meno come Roma, attualmente circa 700 di loro vivono una condizione di detenuti o esiliati. Considerando un numero altissimo di persone colpite dalla repressione nei periodi precedenti, possiamo affermare che ogni famiglia, comitiva, quartiere, piccolo centro, posto di lavoro nel paese basco abbia avuto a che fare con la questione carcere. I dati ci riconsegnano la gravità della situazione, una media cosi alta di prigionieri politici per abitanti ci fa venire in mente le stagioni dei grandi conflitti mondiali o i paesi che hanno conosciuto la sospensione di ogni diritto democratico sotto dittature. In ogni caso lontani da noi o perché datati in un altro secolo o in corso in paesi distanti. Numeri simili li conosciamo in Palestina, e solo questa affinità segna la serietà del tema. Il conflitto basco è in corso nel cuore dell’Europa e a condurlo sono la spagna e la francia, ritenuti paesi democratici e modelli sociali rispettabili. Proprio questi illustri coinvolgimenti fanno si che la questione basca venga sempre taciuta o dimenticata dalla comunità internazionale.

 

Entriamo nel merito della questione. Dal 1978 i diversi governi spagnoli e francesi hanno applicato una politica penitenziaria speciale e discriminatoria nei confronti dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche. Una politica penitenziaria che non si attiene strettamente a dei criteri di legalità, come invece dovrebbe essere in uno stato di diritto, ma piuttosto a criteri di azione politica, e in particolare alle esigenze della cosiddetta politica antiterrorista. In questo modo il trattamento riservato ai prigionieri e alle prigioniere politiche basche non rispetta quelle garanzie previste dalla legislazione penitenziaria per tutti i detenuti, e questo in funzione di alcuni obiettivi politici. Torture fisiche e psicologiche, isolamento, impossibilità ad accedere all’ora d’aria, sono alcuni esempi.  Una politica penitenziaria speciale che, pertanto, viene usata come strumento di pressione politica e sociale non solo contro il collettivo dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche, ma anche nei confronti delle loro famiglie, dei loro amici e dei loro affetti.

 

Uno degli aspetti centrali di questa politica penitenziaria è la dispersione, che comincia dopo il fallimento dei colloqui di pace di Algeri del 1989 tra Eta e governo spagnolo. Per dispersione si intende lo spostamento dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche in centri penitenziari distanti diverse centinaia di chilometri dal paese basco. Gli stessi pres@s sono inoltre divisi e separati in diversi moduli dello stesso carcere.  L’obiettivo principale della dispersione è la rottura dell’unità dei detenuti politici. Nei paesi baschi viene definita come la “tortura bianca”. Ogni pres@ è sol@ di fronte alla sua condanna, deve gestire individualmente le dure condizioni imposte, le aggressioni fisiche, la mancanza di diritti. Ogni militante prima dell’arresto fa del vivere, agire e pensare collettivo la sua esperienza politica, nel gruppo definisce e rinnova la sua cultura politica, un sistema di valori, i comportamenti, cioè la capacità di affrontare situazioni difficili. La dispersione mira proprio alla rottura di questo vincolo comunitario, alla distruzione della volontà umana e della sua identità politica. La dispersione prova senza successo ad indebolire la tenuta e la convinzione dei prigionieri e delle prigioniere basche, sapendo bene quanto questa questione sia il motore e il collante del movimento basco sia dal punto di vista politico che sociale.

I governi di Madrid e Parigi con la politica della dispersione stanno andando deliberatamente contro la legislazione in vigore nei propri paesi, in base alla quale i detenuti devono poter scontare la pena in carceri relativamente vicine al luogo di residenza. Una vera e propria pena aggiuntiva per le prigioniere e i prigionieri che lede i minimi diritti umani riconosciuti formalmente dalle legislazioni europea, spagnola e francese in materia di politica penitenziaria, come riconosciuto da diversi organismi e osservatori internazionali come Human Rights Watch (Rapporto sulle misure antiterroriste in Spagna, Volume 17, febbraio 2005), il relatore speciale dell’Onu contro la tortura Theo Van Boven (Visita in Spagna E / CN.4 / 2004 / 56 / Add.2, febbraio 2004) o del relatore speciale dell’ONU per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta contro il terrorismo, Martin Scheinin (Rapporto A/HRC/10/3/Add.2 del dicembre 2008).

Una politica di dispersione che ha come corollario una complessiva maggiore difficoltà dei famigliari e amici nell’entrare in contatto con i propri cari rinchiusi nelle carceri, anche attraverso le forme e modalità previste e garantite dalle leggi spagnole e francesi per tutti gli altri prigionieri. Ridiamo un po’ i numeri. Attualmente i/le pres@s sono detenuti in 83 carceri diversi, ognuno di questi è diviso a sua volta in tanti moduli. Nello stato spagnolo sono detenuti 597 pres@s in 49 carceri. Nello stato francese sono detenuti 151 in 34 carceri. Nel paese basco ci sono solo 15 pres@s divisi in tre carceri diversi.

Non saremo mai liber@ senza di loro_page1_image1Se le condizioni dei prigionieri e delle prigionieri è fuori da ogni diritto possibile proviamo adesso a capire cosa significa la dispersione per le famiglie e i conoscenti che intendono visitarli. In quanto basch@ anche “i pendolari del carcere” subiscono trattamenti speciali. Le visite concesse sono quasi sempre meno di quelle concesse nello stesso carcere a un altr@ detenut@. La richiesta di autorizzazioni è molto lunga e faticosa e passa per la Secreteria General de Istituciones Penitenciarias, che spesso non concede la visita non offrendo giustificazioni altre rispetto a “motivi di sicurezza”. Il tempo della visite settimanali è di quaranta minuti. Le visite sono fatte in ambienti chiusi e divisi da uno spesso vetro che impedisce il contatto. Sono previste delle visite più lunghe con i familiari in stanze che permettono il contatto fisico, chiamate vis a vis, ma anche in questo caso senza nessuna giustificazione possono essere cancellate a discrezione all’ultimo momento. La corrispondenza è un altro strumento di controllo. I/le pres@s sono limitati nel numero della corrispondenza che possono inviare e ricevere. Scrivendo molto in basco a volte le lettere non vengono fatte entrare o spedite per i soliti motivi di sicurezza, per la difficoltà di traduzione. I pacchi con libri, abbigliamento, musica, affetti personali subiscono un controllo straordinario e vengono consegnati in cella con ritardo rispetto alle norme previste. Molti sono i casi in cui il/la detenut@ viene trasferit@ poche ore prima della visita in un altro carcere senza informare né gli avvocati né i famigliari, costringendo questi ultimi a viaggi lunghissimi a vuoto. Infine va sottolineato l’atteggiamento ostile e provocatorio che tiene il personale penitenziario nei confronti dei famigliari in quanto basch@.

 

 

Per capire ancora meglio la dispersione riportiamo dei dati tratti dal rapporto mensile del mese di giugno di Etxerat sulla situazione attuale.

93 prigionieri e prigioniere sono reclusi in carceri tra i 1000 e i 1.100 chilometri da Euskal Herria

147 tra gli 800 e i 1.000 chilometri

113 tra i 600 e gli 800 chilometri

133 tra i 400 e i 600 chilometri

80 si trovano a meno di 400 chilometri da Euskal Herria

un prigioniero politico basco si trova in confino in un paese a 900 chilometri da Euskal Herria

6 in altri tre paesi lontani da Euskal Herria

 

Sui costi economici e sociali della dispersione (stime relative al 2010):

Chilometraggio medio dei viaggi realizzati da ogni famiglia per le visite

Settimanale: 1.223 km

Mensile: 5.300 km

Annuale: 63.599 km

Chilometraggio complessivo per le visite:

Settimanale: 914.854 km

Mensile: 3.964.367 km

Annuale: 47.572.408 km

 

Spesa media di ogni famiglia:

Settimanale: 377,94 €

Mensile: 1.637,75 €

Annuale: 19.653,00 €

Spese complessive a carico delle famiglie:

Settimanale: 282.700,98 €

Mensile: 1.225.037,58 €

Annuale: 14.700.450,96 €

 

I numeri ancora una volta ci riconsegnano il peso della questione. Tornando alla premessa iniziale che la cittadinanza basca è direttamente o indirettamente coinvolta nel problema detenzione e dispersione, ogni sabato o domenica si muove dal paese basco verso lo stato spagnolo e quello francese un elevatissimo numero di persone. Le distanze cosi lunghe aumentano i rischi della strada. Dal 1982 al 2007 sono morte 16 persone di ritorno da una visita dal carcere. In totale il numero degli incidenti registrato è 267. Aggiungiamo a questo che per una famiglia di un/a pres@ occorre uno stipendio sostanzioso al mese solo per provvedere alle visite. Il movimento basco ha saputo organizzarsi anche questa volta per non lasciare da soli né i/le pres@s né le famiglie. Gran parte di questo lavoro è coordinato da Exterat, l’associazione che riunisce i famigliari dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche, e da Herrira, l’organizzazione che si batte per il ritorno nei paesi baschi dei pres@s. Non si contano più invece le proposte di legge, interrogazioni parlamentari, denunce, ricorsi presentati da esponenti politici baschi al parlamento spagnolo, francese ed europeo. Tutte per il momento ignorate. La sensibilità rispetto al tema e la solidarietà nei confronti dei prigionieri e delle prigioniere è talmente diffusa che nel paese basco ognuno prova a dare una mano. Da anni sono attivi i Mirentxin gidariak, furgoncini guidati da volontari che ogni fine settimana raccolgono famigliari e amic@ dei/lle detenut@ in base alla destinazione del carcere. I parenti e gli/le amic@ così riuniti evitano di affrontare soli grandi distanze e alti costi, e in questi furgoncini vive l’unità del paese basco che nessuno può disperdere.

 

Per saperne di più

www.uncasobascoaroma.noblogs.org

www.herrira.org

www.etxerat.info/

 

 

 

 

 

 

24 agosto – visita a Lander nel carcere di Estremera

  • Settembre 1, 2013 14:22

 

Foto0205Sabato 24 abbiamo incontrato nuovamente Lander nel carcere di Estremera. Si trova nel modulo V dove è stato recentemente spostato. I compagni baschi detenuti attualmente in questo carcere sono 9, sei compagni (divisi in due sezioni) e tre compagne. Tutt@ sono sottoposti l’articolo 10 che attribuendo al prigioniero il rischio di pericolosità lo limita in alcuni aspetti della vita carceraria . Per questo motivo è in cella da solo. La mattina fa sport e partecipa a corsi di formazione, dopo pranzo è costretto in cella fino al giorno dopo, a differenza degli altri detenuti. Estremera si trova ancora a più a sud di Madrid e fa un caldo infernale, in Agosto è stato pure difficile stare all’aperto per l’ora d’aria. Riceve la posta che da Roma e dalle altre città gli sta arrivando, continua ad essere sorpreso e contento della solidarietà che si sta manifestando nei suoi confronti. Non ci sono notizie del processo, eppure i mesi di arresto passano senza che si possa fare nulla. Un’ infamità che la democratica spagna infligge sempre ai prigionieri baschi. Pur subendo questa ulteriore ingiustizia e privato della sua libertà, abbiamo trovato Lander come sempre sorridente e motivato. Siamo riusciti a fare entrare un pacco con magliette, cd musicali, foto e libri, è poco ma è sempre un modo per farci sentire vicini in quel deserto che è la cella di un carcere. Continuate a scrivergli e se volete fargli arrivare delle cose contattate il comitato che si occupa di raccogliere il materiale. 

La battaglia per la libertà di Lander e di tutt* i/le  compagn* basch* non si arresta. 

 
LANDER LIBERO 
TUTTI LIBERE
EUSKAL PRESOAK AMNISTIA OSOA
 
comitato un caso basco a roma