★ 13 FEBBRAIO, GIORNATA CONTRO LA TORTURA – QUE NO SE NOS OLVIDE

  • Febbraio 13, 2013 00:30

13 febbraio. Giornata Contro la Tortura in Euskal Herria.

All’inizio del secolo XXI continua l’utilizzo della tortura.

Joxe Arregi morì in un commissariato a seguito delle torture subite, il 13 Febbraio 1981, e sono già nove i morti in simili circostanze, Esteban Muruetagoiena 29-03-1982; Joxi Zabala Artano 16-06-1983; Joxean Lasa Arostegi 16-06-1983; Mikel Zabaltza 26-11-1985; Mikel Arrastia 29-06-1988; Juan Calvo 20-08-1993; Miren Gurutze Iantzi 24-09-1993 e Xabier Kalparsoro Golmaio 26-09-1993. La dura realtà ci dice che circa 10.000 baschi e basche sono state torturate negli ultimi 50 anni. Non dimentichiamolo…

Joxe Arregi. Memoria de Zizurkil: http://www.youtube.com/watch?v=QMOkDIOijtc

http://gara.naiz.info/paperezkoa/20130213/387622/es/Que-no-nos-olvide

Non dimentichiamolo.
Era il 4 Febbraio 1981 quando a Madrid venne fermato dalla polizia Joxe Arregi Izagirre. Dopo aver trascorso nove giorni in isolamento fu portato nell’ ospedale penitenziario di Carabanchel dove morì il 13 a mezzogiorno.
Tre prigionieri politici ricoverati nello stesso ospedale condivisero con lui le sue ultime ore.
Arregi fu trovato seduto nella sua cella, “fisicamente schiacciato”. Osservando che aveva le palpebre totalmente livide,un enorme ematoma nell’occhio destro e le mani gonfie, domandarono cosa fosse successo in commissariato. “Oso latza izan da” (E’stata molto dura), ha detto, “mi hanno appeso ad una sbarra varie volte dandomi ripetutamente colpi sui piedi, arrivando a bruciarmeli non so con cosa, saltavano sul mio petto, mi hanno riempito di colpi, pugni e calci”.
Il rapporto del coroner sulla sua autopsia ha confermato la presenza di “violenza fisica” sul corpo, aggiungendo che la causa della morte fu “insufficienza respiratoria causata dal processo bronco-pneumonico.”
La pratica della tortura nota come la ‘vasca da bagno’ consiste nell’immergere la testa di una persona in una ciotola di acqua sporca, impedendogli di respirare per alcuni minuti. Il torturato è costretto a ingoiare il liquido che penetra con tutti i batteri nei polmoni, causando broncopolmonite.
Secondo la Commissione per i diritti umani di Madrid 73 poliziotti parteciparono agli interrogatori di Joxe Arregi. Solo due furono condannati con la pena ridicola di sette mesi di prigione.
Quelle parole strazianti di Joxe Arregi sono servite a dare il titolo al libro recentemente pubblicato da Euskal Memoria in cui si parla di qualcosa che per tanti anni è stato nascosto. Abbiamo già fatto il primo passo, cercare di recuperare la memoria affinché non si dimentichi. Ma questo non è sufficiente. Fino a quando alcuni non riconosceranno le responsabilità che hanno avuto, la storia incompleta che stanno diffondendo sulla realtà di ciò che è accaduto nei Paesi Baschi sarà falsa.
In questi giorni in cui spesso si parla di vittime bisogna alzare la voce in nome delle migliaia di persone che nel corso degli anni hanno subito torture. Non si può parlare di vittime senza menzionare la tortura. Forse è una parola troppo scomoda…
Ci è stato dato il termine “abusi di polizia con motivazioni politiche”. Ma bisogna chiamare la tortura con il suo nome, è terrificante, ma è quello che è, il terrorismo di Stato, non il capriccio di un paio di poliziotti a cui prudono le mani. I responsabili non sono alcuni poliziotti venduti, ma il governo, i giudici, le forze di sicurezza della Stato,i medici legali,i giornalisti e tutti coloro che hanno voluto distogliere lo sguardo.
32 anni fa la gente scese in piazza per protestare contro quello che era accaduto. Oggi non vi è alcuna traccia di quelle voci di indignazione, anche se da allora sono state migliaia le persone che hanno subito tortura. Hanno avuto cura di nasconderla, di silenziarla. Questo non accadde  solo 30 anni fa. Questo è successo ieri, gli ultimi casi di tortura denunciati sono di Otaño Inaxio e Iñaki Igerategi e non è passato nemmeno un anno. E la pratica dell ‘incomunicaciòn’ è ancora intatta. Non dimentichiamolo.