MARTXA eta BORROKA – Un caso basco a Roma 3 giorni in Euskal Herria
Il comitato un caso basco a Roma per tre giorni di martxa eta borroka, lotta e allegria, in Euskal Herria.
Santutxu e Errekalde
Andare a Bilbao, dopo che per anni abbiamo cercato e sperimentato forme di gemellaggio e condivisione politica con i compagni e le compagne che abitano questa città, non si può nascondere, restituisce sempre forti emozioni.
Sentirsi a casa, trovarsi circondati da sorelle e fratelli che vivono situazioni simili alle nostre, ma che soprattutto sperimentano cambiamenti profondi della società, trasforma quell’ inclinazione al turismo politico in un quasi ritorno a casa. Il tutto si rafforza nei due quartieri in cui siamo stati con la recente trasferta fatta dal comitato, Santutxu e Errekalde.
A Santutxu, oltre ad aver ritrovato tutti quei volti con i quali abbiamo condiviso marce e cortei negli anni precedenti, ci ha accolto la festa del quartiere e con essa vie e bar sempre piene di gente che partecipava con entusiasmo alla costruzione di questo evento. Sentire comune, non dimenticare quei compagni e quelle compagne che, privati della loro libertà, non possono essere presenti, non possono fare turni alle txosnak, non possono montare il palco, organizzare dibattiti, eventi culturali, non possono concedersi quei momenti di allegria che accompagnano la nostra lotta. E quindi è a loro che è stato dedicato il presidio a cui abbiamo partecipato venerdì ed a loro abbiamo dedicato quel goccio di txakoli versato in terra alla fine del corteo.
Poi lo spazio per la festa, per i gruppi musicali del quartiere (e non solo) , per i quasi litri di birra contenuti in immensi bicchieri talmente pesanti da tenere (e bere) da soli, che sembrano fatti apposta per legare subito con chi ti circonda nella piazza centrale del quartiere.
L’ultimo giorno riusciamo anche ad assistere ad una delle famosissime prove di forza basca: 8 squadre di uomini, dalle sembianze mitologiche competevano nello spaccamento di pietre.. effettivamente sport difficile al quale appassionarsi, seguito principalmente dai parenti degli agonisti, ma ai quali Lander ci aveva avvicinato e raccontato con l’entusiasmo e l’ironia che lo contraddistinguono sempre quando ti parla della sua terra.
Ad Errekalde ci arriviamo tutt* insieme solo domenica. La temperatura ricorda incredibilmente quella romana (a Bilbao non pioveva sempre?!?), ma il refrigerio dell’Herriko Taberna e l’accoglienza dei compagn* che ci aspettavano, quasi non ti ci fa pensare. Poi però passi davanti al Kukutza. L’evidenza ci costringerebbe a dire “di ciò che ne rimane”, una spianata di detriti ammassati che lascia un buco non solo nei nostri corpi, ma anche nella composizione di quell’isolato. La scritta che recita il quartiere non perdona e non dimentica, ci fa capire come quell’incredibile spazio occupato, casa di decine di progetti, è ancora lì, con i suoi murales giganti e la sua palestra d’arrampicata, con la sua osteria, il suo laboratorio artistico e le sue piccole abitazioni lassù in cima!
A badare a noi, ai nostri spostamenti, ai nostri bote, al nostro sentirci a casa, Irati, nostra compagna instancabile. Aver condiviso con lei queste giornate ha saldato ancora di più quel legame indissolubile che per due anni si è costruito qui a Roma. Che al di là della vicenda di Lander, l’ha vista partecipe di decine di mobilitazioni nella nostra città e non solo, e che ha fatto in modo che la questione basca tornasse a dialogare con le lotte animate recentemente.E allora, sorella nostra, il primo grazie va necessariamente a te, a quel pezzetto di comitato che adesso è tornato a casa, in una delle tante che insieme abbiamo trovato in questi due anni; il secondo ai compagni e le compagne di Errekalde, per quella paella infinita che ci siamo mangiati a pranzo e perché è evidente che da quella serranda bisogna uscire, perché troppo piccola per contenervi tutt* e perché abbiamo tutt* bisogno di un nuovo Kukutza. Grazie infine alle sorelle e fratelli di Santutxu, avervi rivisto tutt* insieme, aver tifato con voi perché il vostro video arrivasse primo, aver discusso di come la repressione continui nonostante il lento processo di pace in corso, ci ha restituito una grande forza, ma soprattutto ci ha mostrato la compattezza di una comunità che ha accolto di nuovo Irati, e che aspetta, come noi, di riabbracciare presto Lander, e di rivederlo girare libero per le sue strade.
La visita a Lander
Avevo visto Lander l’ultima volta il 27 aprile, il giorno dell’estradizione. Eravamo in una stanza della questura di Roma. Dopo ore di attesa e trattativa, decisi di scendere un momento per aggiornare i compagn@ in presidio rispetto alle novità in corso. Avevo scelto il momento sbagliato, tutto era saltato, quando sono risalito Lander era già in viaggio verso l’aeroporto. In questi mesi non ci siamo fermati. Il nostro comitato ha continuato a sostenerlo, scrivendogli, denunciando la sua situazione con azioni, continuando a tenere alta l’attenzione con manifesti e concerti. Stretti in una morsa obbligata tra rabbia e ragione, stiamo provando a mantenere uno spazio aperto di discussione a Roma su Lander, sulla condizione dei troppi prigionieri baschi e del conflitto storico che li vede lottare da sempre per la libertà del loro paese. Così, un po’ perché ce lo meritavamo un po’ per orientarci meglio sul lavoro da fare, ci siamo regalati tre giorni euskera. Tra Bilbo e Lekeito, tra martxa eta borroka (lotta e allegria), abbiamo rincontrato e conosciuto tante facce e tante storie, che ci danno animo e convinzione propri solo di chi sta dalla parte giusta. Solo di chi ha avuto la fortuna di conoscere e diventare amico di Irati e Lander.
Poco tempo prima di partire abbiamo dovuto scegliere due nomi da Roma per l’elenco dei visitatori, quelli che potranno entrare presso il carcere dove è detenuto Lander, nei prossimi mesi. Uno di questi sono io, e di questo non ringrazierò mai abbastanza i miei compagn@. Cosi durante questi giorni baschi sono partito per Madrid con il fratello e un suo amico verso il carcere di Estremera. La poca attenzione del controllo di turno e una buona dose di fortuna hanno fatto il resto. Documento, foto, impronte digitali e tutti dentro. A sentire i baschi un miracolo. L’effetto sorpresa è stato devastante. Lander non ci aspettava tutti insieme e subito l’incontro si è trasformato in una festa. Il vetro che ci divideva è spesso e il citofono certo non restituisce il giusto grado di intensità ad ogni emozione, ma quelle ultime barriere ci sono sembrate poca cosa. In quaranta minuti spesso ci siamo parlati sopra. Io ero l’unico a parlare in romanaccio ma mi sono fatto valere contro il loro euskera, che mai mi è sembrato cosi gentile e intimo. Lander era felicissimo di saperci nella sua Bilbo, nella sua Lekeito, con i suoi compagn@ e la sua famiglia. Sa del lavoro che stiamo portando avanti e che c’ero io solo perché tutti insieme non si può andare. Ringrazia per la solidarietà manifestata nella sua permanenza a Roma, ha un bel ricordo anche di quella maledetta giornata di aprile. Ha il volto pieno e rilassato, è aggiornato su ogni questione che riguarda Roma, il Paese Basco e il suo Athletic. Riceve molta posta e sente spesso i compagn@ nelle chiamate che ha a disposizione. Il suo regime di detenzione normale gli permette la mattina di correre e andare in palestra, partecipare a dei corsi di formazione, in particolare di lingue. Pranza e cena con altri due detenuti politici baschi e questo gli da molta forza. C’è pure una compagna dell’ala femminile che però non possono incontrare. Legge, ascolta la radio e tra poco riceverà anche una televisione. Veste magliette politiche o almeno per il momento gli è permesso. Estremera si trova a settanta kilometri da Madrid, intorno sembra un vero e proprio deserto, senza colori ne profumi. Cosi lontano, anche in questo, dal Paese Basco cosi pieno di foreste, fiumi, mare e montagne. Ho avuto questo pensiero stupido ripartendo dal carcere, senza sapere nemmeno se Lander ha una finestra o gli permesso guardare fuori. Ma tant’è. L’immagine che mi porto dentro di quei quaranta minuti è il sorriso perenne di Lander. Questo ho provato a trasmettere ai compagni che mi hanno fatto questo regalo, e al nipote piccolo che dopo poche ore mi chiedeva in lacrime perché lo zio a cui vuole tanto bene, non era lì con tutti noi. Quel sorriso l’ho imparato a conoscere quando l’ho incontrato a Regina Coeli, ce lo ha poi regalato davanti a quel cancello mentre lo scortavo per essere estradato, l’ho rivisto sabato. Sta lì ed è per tutti. So che “Lander sta bene” vuol dire poco e che è ingiusto pensarlo. Bene non può stare un detenuto. Bene non sta chi lotta per la libertà e si trova prigioniero. Bene non sta chi è lontano dal suo paese, dai suoi affetti, dai suoi compagn@. Bene non sta chi ha superato un anno di detenzione senza nemmeno essere stato condannato e senza neppure sapere l’inizio del processo. Lander dice sempre che il conflitto basco è una lotta contro due stati potenti, la Francia e la Spagna. Sarà questo genere di consapevolezza che fa vivere diversamente la repressione che subisce ogni militante basco; sarà che la detenzione in carcere è una condizione che un basco vive in ogni famiglia, quartiere, paese piccolo o grande che sia, da sempre; sarà che in fondo questi baschi so strani. Sarà che in questa condizione non c’è nulla di retorico. Sarà ma a chi mi domanda come sta Lander? Rispondo che sta bene e che per esserne sicuro il 24 agosto, con tutto il comitato, torneremo a trovarlo.
“Fermare l’estradizione non era solo una vittoria, era scrivere un pezzetto di storia. Forse essere stati cosi vicini dal raggiungere l’obiettivo da più rabbia e impotenza”
Davide
Un caso basco a Roma
Lekeitio, 20 luglio 2013
Lekeitio o Lekitto come dicono da queste parti, è una cittadina del nord della Biscaglia, che si affaccia sull’Oceano Atlantico con due spiagge divise da un isolotto verde scuro al centro della baia.
La marea sale verso sera e il promontorio si può raggiungere camminando..
Volevamo proprio venirci a Lekitto, perchè da qui viene la famiglia di Lander, qui sapevamo di incontrare altri amici e compagni suoi e quindi anche nostri. Molt* di noi avevano sentito parlare di questo posto quando a Roma nel 2010 è stata arrestata Zuriñe, anche lei di Lekitto, insieme ad Artzai e Fermin. Abbiamo cominciato a conoscere questo pezzo di costa basca ascoltando i racconti della sua famiglia nei mesi che hanno trascorso a Roma per le visite nel carcere di Rebibbia. E poi i racconti sono continuati quando abbiamo conosciuto Lander e Irati e, attraverso di loro, pezzi di storia, cultura, tradizioni basche.. dalla marmitaka di tonno alla festa del papero:)
Arriviamo dopo un ora di pullman da Bilbao e tante curve in mezzo ai boschi.
Ad aspettarci c’è il nipote di Lander con un sorriso enorme di chi percepisce l’importanza di un momento come questo, a dispetto dei suoi 5 anni di età. Attraverso gli amici italiani gli viene restituito un po’ di quello zio strappato a forza, esattamente come noi ci riprendiamo un po’ di Lander nelle parole e negli abbracci dei suoi compa e della sua famiglia.
Sabato 20 luglio a Lekitto è prevista un’ iniziativa di Herrira, l’organizzazione per la liberazione delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi.
Un grande striscione apre la piazza e ringrazia in italiano, siamo così emozionati che neanche ce ne accorgiamo, ci passiamo sotto, scendiamo le scalette e cominciano i rincontri, gli scambi e i saluti.
C’è il pranzo in piazza, centinaia di persone di ogni generazione, tutt* con la maglietta blu che chiede il ritorno a casa dei presoak di Lekitto, c’è la zuppa di tonno e patate e decine di dolci deliziosi fatti in casa dalle mamme..
Verso sera parte il corteo che si snoda per i vicoli fino al porto. Nelle strade gli striscioni, le bandiere, gli adesivi, tutto ci ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, che la repressione in Euskal Herria deve finire, che chi è reclus* deve essere liberat* e chi è esiliat* deve poter tornare a casa.
Senza la loro libertà non saremo mai liberi e libere.
La manifestazione si conclude tornando nella piazza principale, ci invitano a salire sul palco insieme alle famiglie de* prigionier*.
Il comitato ‘Un caso basco a Roma’ prende parola, una parola tanto piccola quanto grande, invece, è l’emozione.
“Eskerrik asko
scusate se non parliamo in euskera.
Siamo molto felici di essere qui con voi oggi e vogliamo dirvi che la vostra lotta è anche la nostra.
Oggi in Italia è stato un giorno di resistenza contro il TAV, i treni ad alta velocità.
La repressione ha fatto molti arresti e feriti, a tutti e tutte loro va la nostra solidarietà.
Vogliamo anche ricordare che oggi è il 20 luglio.
Il 20 luglio del 2001 nel g8 di Genova la polizia ha ucciso il nostro compagno Carlo Giuliani e questo saluto è per lui.
Continuiamo combattendo insieme, fino alla vittoria!
zuen borroka gure borroka da
Lander ta besteak askatu!”
qui il video di Herrira
http://www.youtube.com/watch?v=XSUN2kXKycY
- Daje Lander dalla Val Susa che resiste!
- Bilbao contro il processo delle “Herriko Taberna” – 9 luglio 2013
1 Comment on MARTXA eta BORROKA – Un caso basco a Roma 3 giorni in Euskal Herria
Sorry, the comment form is now closed.
bellissimo! la prossima volta vengo anch’io!
coraggio Lander!